Oltre il destino: il coraggio di un figlio che cambia vita.

43 anni, il ricordo di una macchinina spaccatagli dal padre, che gliel’aveva appena regalata, e chissà cos’altro. L’infanzia negata di Salvatore Giuliano, figlio di uno dei boss più temuti, è al centro di un avvincente podcast di Chora Media.

Una stanza di venti metri quadri, le piastrelle scrostate, l’odore del ragù che filtra dal cortile. È lì che comincia il racconto di Salvatore Giuliano, nato nel 1982 e ultimo di sette fratelli. Figlio di Luigi Giuliano, per tutti Loveggino, il boss che negli anni Ottanta dominava Forcella con il titolo di “re del quartiere”. Per la camorra, Luigi era un uomo di potere. Per Salvatore, invece, restava soprattutto un padre ingombrante, da cui provare a staccarsi, senza riuscirci mai del tutto.

Il podcast La Tigre – prodotto da Chora Media, con la voce di Mario Calabresi e firmato da giornalisti d’inchiesta come Floriana Bulfon e Gianluca Di Feo, in collaborazione con Alessia Rafanelli, Stefano Bises, Sabrina Tinelli – ribalta la prospettiva: non il mito del boss, ma l’infanzia rubata del figlio. Non la cronaca delle guerre di camorra, ma la quotidianità fragile di un bambino che cresce tra paura, segreti e spostamenti continui.

Copertina del podcast La Tigre © Chora Media

Disponibile su Spotify, Apple Music e altre piattaforme, il podcast presenta cinque episodi che faranno entrare l’ascoltatore in una dimensione insolita, dove “anche quello che sembra oro è sangue”. Come si legge nella presentazione stessa del progetto.

NON FESTE DI COMPLEANNO MA FUGHE E VENDETTE. Salvatore non ha vissuto la spensieratezza tipica dei suoi coetanei. La scuola era un lusso incostante, le amicizie sempre precarie, i giochi interrotti da fughe improvvise. A scandire i suoi anni non erano compleanni e feste di quartiere, ma arresti, vendette, condanne. L’aria di Forcella pesava come una condanna ereditaria: essere “figlio di Giuliano” significava portarsi addosso un marchio, ancor prima di sapere cosa fosse il potere del padre. Crescendo, deciderà di proteggere la compagna e i figli, di cambiare città e identità, pur di non rimanere incastrato in una trama scritta da altri. La sua storia, oltre la non-infanzia, è quella di una giovinezza trascorsa a cercare varchi per respirare.

ROMEO E GIULIETTA PARLANO IN NAPOLETANO. Accanto a Salvatore c’è Luana, figlia di un clan rivale. Una relazione che sulla carta non doveva esistere e che invece diventa rifugio. Due ragazzi che si scelgono nonostante tutto, che si aggrappano all’amore come unico spazio di libertà. In un contesto di faide e vendette, la loro storia diventa un atto di resistenza: costruire una famiglia diversa, offrire ai figli quello che a loro era stato vietato.

UNA LEZIONE PER CHI EDUCA. La forza di La Tigre sta proprio qui: non è un podcast sulla camorra, ma sul prezzo pagato dai figli. Per genitori, insegnanti, operatori sociali, diventa uno specchio: ci ricorda che i bambini non scelgono dove nascere, né quali colpe portare. Ogni infanzia negata porta cicatrici profonde, ma anche la possibilità di un riscatto, se qualcuno offre ascolto, fiducia, uno spazio sicuro. 

NON UN DESTINO MA UN BIVIO. Il racconto di Salvatore Giuliano smonta l’idea del destino già scritto. Nascere figlio di un boss significa crescere all’ombra del potere e della paura, ma non per forza ripercorrere la stessa strada. La Tigre diventa così un invito a guardare oltre la cronaca e a non fermarsi alle etichette. In nome della libertà di scelta e della libertà di crescere.